A proposito del Salone del libro di Torino, intervista a Vincenzo Lerro editore di Lineadaria
Immancabile, anche quest’anno, apre i battenti il tanto atteso “Salone Internazionale del Libro di
Torino". Per chi scrive una bella vetrina, per chi legge una buona
opportunità per conoscere nuovi autori oltre ai soliti noti, almeno questo
dovrebbe essere l’intento della manifestazione: incentivare la lettura, la
cultura italiana e portare il lettore a conoscere tante realtà editoriali,
spesso sconosciute a causa del poco spazio e supporto concesso loro sia dalla
distribuzione nazionale che dai Media. Oltre Scrittura oggi decide di lasciare
spazio e voce proprio a uno dei tanti editori che ha dovuto rinunciare a
partecipare con la propria Casa Editrice a questa edizione, e in queste righe
ci spiega il suo punto di vista, aprendo ad una realtà già nota per chi è
nell’ambiente, per portare i tanti lettori a comprendere meglio la reale
condizione in cui versa la piccola editoria italiana. A Oltre scrittura Vincenzo Lerro editore di Lineadaria, casa editrice biellese che
dopo tanti anni di presenza al Salone del libro, decide di dire basta! Oggi qui
la sua testimonianza.
Oltre Scrittura
rimane aperta a chiunque volesse intervenire e "dire la sua" a tal
proposito.
Innanzitutto la
ringrazio di essere qui, ho chiesto il suo intervento proprio per aprire alla
reale condizione di molte piccole e medie case editrici che in questo evento
non vedono più tanto un aiuto ma bensì quasi una beffa per il loro lavoro, è
così? Cosa l’ha spinta, dopo anni di
presenza al Salone a dire basta?
Grazie a lei per
avermi dato la possibilità di divulgare e far conoscere lo status quo della
piccola, e piccolissima nel mio caso, editoria italiana. Un segmento
riconosciuto e apprezzato in tutto il mondo, è molto meno apprezzato e
riconosciuto proprio in questo scalcinato Paese. Ma si sa, nemo propheta in
patria... A meno che non si faccia parte della "cricca", cioè di
quelle case editrici, anche piccole (magari fondate da figli d'arte), che
sgomitano nel panorama editoriale da molti anni e che sono riuscite, in qualche
modo, a ritagliarsi delle nicchie di clienti affezionati. Non necessariamente
alla qualità.
Quest'anno per la
prima volta dopo tanti anni ho deciso di non partecipare al Salone di Torino
perché è una manifestazione che, per una piccola casa editrice come la mia, non
ha più alcun senso. La kermesse del Lingotto è costruita a tavolino per
accendere i riflettori sui grossi marchi, quelli che di visibilità proprio non
hanno bisogno, ma che hanno la possibilità e la forza per fare la voce grossa
con gli organizzatori. A conti fatti un grande stand costa, in proporzione,
molto meno di uno piccolo. Vi immaginate il Salone senza - che ne so -
Feltrinelli? Impossibile, vero? Beh, io e molti altri colleghi (che conosco
personalmente) piccoli editori quest'anno a Torino non siamo andati. Ma nessuno
se n'è accorto.... Ovviamente.
In tanti anni di
partecipazione mai una volta sono riuscito a coprire i costi vivi: stand,
spostamenti, vitto (e qualche volta anche alloggio, così, giusto per spezzare
l'andirivieni di una fiera che dura ben cinque giorni). E arrivo da Biella, 80
chilometri da Torino. Figuriamoci chi arriva dall'altra parte della Penisola.
Sappiamo bene
quanto l’editoria sia in crisi, i fattori sono molteplici: dal numero sempre
inferiore di lettori, alla mancata distribuzione, e io aggiungerei anche alla
poca educazione alla lettura. Quanto è importante secondo lei educare alla lettura
e soprattutto far sì che i lettori abbiano davvero modo di conoscere la vera
scelta editoriale presente sul territorio, che non si ferma sola a quella
martellata dai Media e giornali?
Educare alla
lettura non è importante. E' fondamentale.
Questo a livello
generale. Nel mio piccolo, quando mi viene concessa la possibilità di entrare
nelle scuole con i miei laboratori, lo faccio mettendoci tutta la mia passione
e anche tutta la mia "rabbia", a questo punto. E qui mi collego alla
seconda parte della sua domanda: il mio intento, infatti, è quello di educare i
bambini alla lettura e, in seconda battuta, alla consapevolezza. Perché tra i
piccoli editori che lavorano sulla qualità non c'è solo Lineadaria, ma tanti
altri colleghi che meriterebbero di essere conosciuti almeno quanto i big.Il
problema è che diventa difficile per i piccoli editori far valere il proprio catalogo (cioè la propria voce!)
quando si va a competere in un mercato già saturo e in cui un solo gruppo
editoriale, quello nato dalla fusione tra Mondadori e Rizzoli,
"impegna" quasi il 35% del mercato stesso.
Un appello ai
lettori?
Continuate a
leggere e non accontentatevi. Non accontentatevi della comodità di comprare
libri in un centro commerciale, perché lì quasi mai troverete un piccolo editore;
non accontentatevi di leggere ciò che vogliono farvi leggere; non
accontentatevi delle librerie di catena: cercate quelle indipendenti. Siate
sempre curiosi, come degli esploratori alla ricerca della libertà perduta!
Trovate Lineadaria sul suo sito cliccando qui
Intervista a cura di Monica Pasero
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