Recensione

 

L’ETÀ FRAGILE

DONATELLA DI PIETRANTONIO

Premio Strega, Giovani 2024

 


Nelle prime pagine, una dedica: “A tutte le sopravvissute”.

Così inizia il libro vincitore del Premio Strega, giovani, 2024. Molte di noi sono “sopravvissute” ad eventi che hanno scosso fortemente il nostro cammino, alcune ce l’hanno fatta a rinascere; di altre è rimasta solo cenere.

Protagonista di questa storia è Lucia, una madre, una figlia, un’amica, una donna.

Sarà lei a liberare il passato, ad aprire tutti quei cassetti della memoria carichi di dolore che ora rivivono su queste pagine.

 

“Lucia capisce che c’è una forza che la attraversa.

Forse la nostra unica eredità sono le ferite”.

 

Quelle ferite che ci colgono impreparati, durante l’età fragile.

 

Tra queste pagine l’autrice ci porterà a chiederci: “Esiste davvero un momento nella nostra esistenza che si può definire “Età fragile”? E in quale stagione della nostra vita possiamo collocarlo? Forse è insito nell’infanzia o nell’adolescenza, nei grandi cambiamenti che ne susseguono; o è nella maturità oppure ancora nella vecchiaia quando le forze vengono meno e le debolezze si sentono di più?”.

La risposta ce la dà l’autrice stessa, attraverso questa narrazione, portandoci a comprendere che la fragilità non conosce una sola stagione della vita ma ci colpisce in varie fasi, e ci coglie sempre impreparati…  

Siamo tutti vittime di fragili attimi, qualunque sia la nostra età. Nessuno escluso! Non basta l’esperienza, tantomeno la spensieratezza giovanile per proteggerci da quelle improvvise debolezze che ci colgono durante il nostro percorso terreno.

Protagonisti di questa narrazione sono i rapporti generazionali, i sentimenti, le vecchie e nuove vedute di pensiero che si scontrano; uomini e donne di “età fragili” diverse, che devono combattere il loro demoni.  Dal malessere giovanile a quello alla soglia del trapasso.

Storie che come un fiume in piena, confluiscono in queste pagine, con tutta la sua forza devastatrice, portando a riva rimorsi, rancori, paure e riversando quei detriti, quei segreti celati per troppo tempo paragonabili a massi troppo pesanti da portare.

Sono i ricordi a essere diseppelliti nelle terre del Dente del Lupo e a portare in Lucia in quel viaggio a ritroso tra quelle vallate dove ode ancora le voci della sua giovinezza, quei giorni spensierati in campeggio; e poi tutto viene sopito dalle urla straziate di dolore in quella maledetta notte dove tutto è mutato, si è fermato, cambiando l’animo dei paesani che a poco a poco si spento, in attesa che il tempo rimarginasse le ferite.

Ma si sa il tempo lenisce le ferite del corpo ma poco può innanzi a quelle dell’anima, lasciando in noi cicatrici, come ne lasciò a Doralice, l’unica sopravvissuta di quella brutta storia, e ai suoi genitori.  A Lucia che ora deve decidere che fare di quelle terre, macchiate dal sangue della giovinezza, donate in eredità dal padre, alle nuove responsabilità che ora come massi incombono su di lei; e poi la giovane Amanda, sua figlia, che si ritrova a rintanarsi in camera sua  e dover fare i conti non solo con il suo timore di ritornare alla sua vita, ma anche con il periodo pandemico che rilascia in lei, come in molti altri giovani, quell’ inerzia di vivere.

Sono generazioni a confronto che cercano di proteggersi tra loro cercando quel bisogno di controllo che è insito in ognuno di noi.  

Ci illudiamo troppo spesso di conoscere i nostri figli, di sapere esattamente ciò di cui hanno bisogno. Spesso facciamo l’errore di credere che il loro bene sia esattamente ciò che vogliamo noi per loro; e questo accavallarsi di decisioni già prese, pesano sul rapporto tra generazioni diverse, entrambe convinte d’essere nella via giusta.

 

La Pietrantonio con grande capacità descrittiva riesce a cogliere quei piccoli dettagli che animano e rendono ancor più reale la narrazione. Mirate accortezze dall’ espressività di un corpo, di uno sguardo, che rimarcano la sua bravura di narratrice, regalandoci un testo emozionante dove mette in evidenza il bisogno di sentirsi compresi e amati per quel che si è. siamo tutti esseri fragili bisognosi di un luogo sicuro chiamato casa.

 

Monica Pasero

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