A OLTRE SCRITTURA LUIGI PICARDI. INTERVISTA A CURA DI MONICA PASERO
Pensavo è bello
che dove finiscono le mie dita
debba in qualche modo
incominciare una chitarra
Fabrizio de Andrè
Se nel lieve pizzicar di
corde di una chitarra si percepisce “Amore”,ci troviamo innanzi al talento e la
passione del musicare che oggi sento viva più che mai nelle esibizioni di
questo gradito ospite. Tra lui e la sua chitarra avverto complicità e armonia che
li rendono parte uno dell’altra, una simbiosi perfetta. Proprio come una danza,
un passo a due è la loro musica che si eleva alto.Un duo ai miei occhi!Due
esseri apparentemente lontani: una chitarra che appar senza anima e un uomo invece
colmo di essa; eppur durante l’esibizioni tra loro si sprigiona un feeling così
forte che è impossibile non esserne coinvolti. Corde che s’animano e narrano al
mondo la loro vivacità, la loro forza e presenza.
Musica che nasce apparentemente
dal nulla e vibra forte in noi, toccando la nostra sensibilità e rammentando il
nostro bisogno innato di sentimento, di emozione genuina come solo la musica
può regalare, appagando sensi e pensieri tra le sue note.
L’artista di oggi nutre
forte la passione per la musica e per la sua storia, amante dell’arte musicale e
della bella scrittura, porta il suo contributo in vari modi sia nel suo percorso artistico sia in quello lavorativo; è tempo di conoscerlo
meglio. A Oltre Scrittura ho il grande piacere
di ospitare l’artista Luigi Picardi.
La tua grande passione: la
chitarra; quando hai iniziato ad
appassionarti a questo strumento e perché?
Da
parte di madre le origini musicali sono abbastanza forti, dato mio bisnonno fu
direttore d’orchestra a Sassari, mentre mia nonna era violista. Mi sono
avvicinato alla musica grazie a mia madre e alla su citata nonna, le quali mi
facevano ascoltare musica di vario tipo e non necessariamente ‘colta’ e mi
portavano ai concerti.
Il
mio rapporto con la musica ‘pratica’ è stato un po’ particolare. Ho iniziato
una prima volta a 10 anni, dalle suore dell’Oratorio San Giovanni Bosco di
Roma, prendendo lezioni di chitarra di accompagnamento, ma ben presto mi
annoiai pensando che la cosa non mi portasse da nessuna parte. A 14 anni, un
giorno, vedendo che la mia chitarra appoggiata in un lato della mia stanza, ho
deciso di riprendere le lezioni. Scoprii, grazie al mio primo insegnante Ciro
Paduano, che adesso è un insegnante rinomato per il metodo Orff, che la
chitarra non era solo fatta per accompagnare con combinazioni di accordi, bensì
per essere autonoma, al pari magari di altri strumenti. Da quel momento decisi
che la musica poteva essere la mia strada e il mio modo più naturale per esprimermi.
Intraprendi
il tuo percorso artistico a soli 15 anni, laureandoti al Conservatorio
di Santa Cecilia a Roma e in seguito consegui diverse specializzazioni che ti
porteranno a conoscere grandi Maestri sia italiani che esteri e qui ti chiedo:
ti va di ricordarne uno e quale insegnamento hai appreso seguendolo.
Ognuno
dei maestri che ho seguito mi ha regalato qualcosa che poi è servito a formarmi
dal punto di vista professionale e umano. Uno su tutti mi piacerebbe ricordare,
ovvero Carlo Carfagna, che mi ha seguito dall’ammissione al Santa Cecilia nel
1990 fino al diploma nel 1996. Il maestro Carfagna, oltre a essere stato un
concertista che ha girato il mondo, è compositore e dottore in Lettere. È stato
stimolante perciò confrontarmi con una persona di questo livello. Da lui ho
imparato che al centro di tutto, quando si esegue un brano, deve stare la
musica, anche qualora ci scappasse una o più note sporche. Meglio “fare musica”
con qualche imprecisione tecnica creando emozioni, piuttosto che eseguire note
con precisione tecnica, penalizzando il lato emotivo del fare musica.
Ti sei esibito sia come
solista che in ensemble cameristici, quale tra le due esperienze è stata quella
che ti ha motivato di più come artista?
Si
tratta di due situazioni completamente all’opposto, accomunate solo dal fare
musica. Mi spiego meglio: quando fai un concerto da solista sei come un
alpinista che si arrampica in solitaria su una montagna. Per citare Reinhold
Messner, il “solismo” è: “l’emozione più forte. È anche emozionante andare in un deserto, certo,
ma la condizione è che devi essere esposto al pericolo. Se c’è l’elicottero
vicino o il gruppo di soccorso che ti segue non c’è avventura. Sai che sei in
pericolo, ne accetti la responsabilità, sai che basta un sasso che cada per
distruggere tutto. È un esistere fra la vita e la morte”. In musica non corri
certamente pericoli di vita, ma resta il fatto che tu sei responsabile in tutto
e per tutto di ciò che accade,dalla prima all’ultima nota, sei tu il creatore
delle emozioni che il pubblico coglierà o meno. Per citare il Prof. Elio
Matassi, compianto docente di Filosofia Morale all’Università di Roma Tre: “La
musica non esiste in sé stessa ma solo in quella pericolosa mezz'ora in cui, suonandola,
la facciamo essere”.
La
musica da camera richiede altrettanto impegno, in quanto la tua libertà di
azione viene condizionata dal rapporto con altri tuoi colleghi. Ci si diverte,
ci si confronta, si impara parecchio, specie dai colleghi che suonano strumenti
che non siano il tuo. La paura - che definirei ‘tensione’ dato che a un
concerto ci si prepara per fronteggiarla e dominarla – nel caso della musica da
camera viene divisa fra gli esecutori e una volta saliti sul palco resta solo
il divertimento e la gioia di emozionarsi ed emozionare chi ti ascolta. In
conclusione posso dire che entrambe le esperienze sono molto motivanti.
”La chitarra è uno strumento di meditazione per
arrivare a Dio e trovare l’amore dentro te stesso.” cita il chitarrista spagnolo
Pepe Romero e qui ti chiedo:
provi la sua stessa sensazione, quando suoni?
Direi
che Pepe Romero ha colto l’essenza di questo particolare strumento. La chitarra
non ha una potenza sonora paragonabile agli archi o al pianoforte, ma è proprio
in questa sua ‘mancanza’ che esprime tutto il suo potenziale. La chitarra
cosiddetta “classica” - con corde di
nylon e che non viene amplificata se non in certi contesti – ipnotizza
l’ascoltatore e anche l’esecutore che è costretto a ricercare sonorità
particolari che portano a riscoprire l’umano sentire.
Oltre alla grande passione
per la chitarra, la tua indole sfocia nella conoscenza e ti porta a laurearti
anche in Storia della musica e qui ti chiedo: la musica ha avuto nel tempo
un’evoluzione,non sempre direi positiva, se potessi in poche righe lasciare un
messaggio alle nuove generazioni cosa gli consiglieresti per far si che si riscopra il
valore della bella musica di un tempo?
La
Laurea in Storia della Musica – che ho conseguito in tempi un po’ più dilatati
rispetto al Diploma di Chitarra – mi è servita ad ampliare la mia cultura
musicale e non e a capire che un buon musicista non possa fare a meno di un
retroterra di cultura generale e di quel senso della ricerca che sta alla base
del nostro mestiere. Chiamiamola curiosità, se vogliamo. Quello che noto. nei
giovani studenti di Conservatorio, è proprio la mancanza di curiosità. Quando
preparo un programma da concerto, di un compositore voglio sapere tutto – dove
è nato, con chi ha studiato, cosa ha composto oltre ai brani che devo lavorare,
ecc. Solo così sei in grado, a mio avviso, di raccontare una ‘storia’ e quindi
passare una emozione al pubblico che ti ascolta. Senza nulla levare all’istinto
che deve guidare il musicista dal punto di vista espressivo. Il consiglio è
dunque questo: documentarsi ed eseguire la propria versione del brano, seguendo
i consigli dei nostri insegnanti, senza che diventino totalizzanti. Citando il
monologo ‘No, grazie’ dal Cyrano de Bergerac. “Aver tutta la palma della meta
compita,e, disdegnando d'essere l'edera parassita,pur non la quercia essendo, o
il gran tiglio fronzutosalir, anche non alto, ma salir……..senza aiuto!"
Se potessi viaggiare nel
tempo e conoscere direttamente un grande musicista del passato chi cercheresti
e perché?
Cara
Monica, questa è una bella domanda. Forse più che un compositore, un periodo,
quello compreso tra il Classicismo e il Romanticismo, in cui avvennero tanti cambiamenti e in cui
il musicista si affrancò dalle corti per rendersi indipendenti anche dal punto
di vista economico, con tutti i rischi che questo comportò. Non mi sento di
scegliere un musicista in particolare, dato che non ho un preferenze in
particolare.
Libri e Musica accompagnano il tuo cammino,
due differenti mondi comunicativi ma entrambi basilari nella formazione umana, secondo
te, anche la musica in qualche modo può comunicare all’uomo e indurlo a
riflettere?
Assolutamente
sì. A mio giudizio però la musica, rispetto alle arti figurative e alle
lettere, ha una marcia in più in quanto il suono non è etichettabile, sebbene
sia ormai riproducibile. La musica è un linguaggio a tutti gli effetti, è
l’arte di esprimersi attraverso i suoni e come tale permette di comunicare e
risvegliare gli altri linguaggi o interagire con essi. A me è servita ad uscire
dal guscio. Prima di studiare musica ero un bambino che parlava poco o nulla,
che era impaurito dal mondo e che aveva difficoltà a comunicare e ad apprendere
a scuola. Con la musica ho avuto l’occasione di esprimere me stesso, senza
dover ripetere ciò che altri avevano già detto, come fa quando prepari una
interrogazione a scuola. Mi ha fornito altresì un metodo di studio, aiutandomi
a far progressi a scuola.
La musica non ti lascia mai nemmeno
nel tuo lavoro e tra le tue tante occupazioni ti troviamo alla conduzione dell’
“Arpeggio”, programma radiofonico musicale trasmesso da Radio Vaticana, dove
dai spazio ad artisti legati la mondo musicale.Tra i vari intervistati c’è
stato un artista che ti è rimasto impresso più di altri e se sì, perché?
Pure
in questo caso non me la sento di lasciare alla porta i tanti amici musicisti
che sono venuti a trovarmi, ma visto che devo scegliere, citerei Oscar Ghiglia,
decano della chitarra classica nel mondo, col quale posso dire che ho cambiato
il mio modo di intervistare i musicisti. Con lui era come stare a casa sua e parlare
piacevolmente senza far caso al microfono che captava e registrava le nostre
parole. Le mie interviste si sono trasformate in chiacchierate radiofoniche,
ovvero piacevoli conversazioni tra amici su un argomento comune, in questo caso
la musica!
Se dovessi descriverti in
una sola parola quale utilizzeresti e perché?
Curiosità;
è la molla che mi fa andare avanti, sia nel campo radiofonico che in quello
musicale-
Progetti futuri ?
Ampliare l’attività
concertistica, esplorando nel contempo repertori musicali che non ho toccato
sino ad oggi; dal punto di vista radiofonico invece, conoscere quanti più
colleghi possibile, allo scopo di imparare per il tempo che mi rimane.
E giungo alla mia ultima domanda, di rito per
Oltre scrittura, quanto è importante nella tua vita il sogno?
È
tutto! Sono sempre stato un sognatore ad occhi aperti – dato che i sogni
‘notturni’ non li ricordo mai! Il sogno è alla base della ricerca e stimola la curiosità.
Si ringrazia Luigi Picardi per questa sua interessante intervista e vi consiglio di seguirlo durante le sue interviste su Radio Vaticana.
Commenti
Posta un commento