A OLTRESCRITTURA lo scrittore, blogger e traduttore Riccardo Mainetti.


 

La traduzione non è soltanto questione di parole: è rendere intelligibile un’intera cultura.

 Anthony Burgess

                                                           

Oggi nel mio spazio arriva un amico virtuale di lunga data, di lui mi ha sempre colpito il suo entrare in punta di piedi nella vita altrui, il suo garbo, la sua riservatezza e la sua sempre presente attenzione verso il prossimo. Un animo sensibile, sempre pronto a tendere una mano.

Molti nel Social lo conoscono per la sua generosa diffusione di segnalazioni e recensioni letterarie di molti autori emergenti e non solo. Si evince il suo grande amore per il mondo della letteratura del passato e del presente. Un lettore appassionato, curioso ma anche un autore con uscite letterarie alle spalle. La sua curiosità, la sua voglia di imparare lo hanno spinto a mettersi in gioco anche come traduttore. La passione per le lingue straniere è sempre stata viva in lui, tanto da non farlo desistere fino a raggiungere il suo scopo.

A oggi ha al suo attivo diverse opere straniere tradotte per la Casa editrice Romana, Flower-Ed con cui collabora da diversi anni.

A Oltre scrittura l’amico blogger, scrittore e traduttore, Riccardo Mainetti.

 

Innanzitutto ti ringrazio di essere qui. Il tuo amore per i libri è smisurato, almeno da quello che si deduce per chi ti segue sui Social e conosce bene la tua grande passione per la lettura. Qual è stato per te il primo libro in assoluto che ti ha portato ad innamorati della letteratura?

Ce ne sono tanti ma se devo scegliere i primi che mi vengono in mente sono “Il Piccolo Principe”, “Canto di Natale” e “Bartleby lo scrivano”

quest’ultimo un racconto struggente e meraviglioso che dovrebbe essere letto partendo dalla fine, quando l’avvocato ex datore di lavoro di Bartleby svela ciò che del suo sventurato scrivano aveva saputo.

Oltre ad essere un grande lettore sei anche un autore, le tue prime esperienze editoriali partono con due racconti brevi: Storie Londinesi e Quattro bravi ragazzi, due parole su queste tue opere?

 Per quanto riguarda “Storie Londinesi” è una raccolta di storie, pubblicate in un mio vecchio e ormai chiuso blog, forzatamente per chiusura della piattaforma di Splinder, causa dure leggi del mercato che l’hanno vista assorbire da una multinazionale del web che, appena se l’è accaparrata ha dismesso la piattaforma di hosting dei blog, piattaforma che, per inciso, era la più famosa e popolosa d’Italia, basate sulle mie avventure tragicomiche di un fine settimana nella capitale inglese; “Quattro bravi ragazzi”, è invece il mio piccolo giallo meneghino, una storia breve che tenta di strizzare l’occhio a Scerbanenco e alle sue storie amare nelle quali il giallo si fonde con il dramma sociale.

 La tua carriera come autore non si ferma e nel 2017 nasce il tuo saggio edito da Flower- Ed, “Scoprendo Beatrix Potter”. La Potter era una donna poliedrica con la grande passione per la natura e i dipinti e non per ultimo la scrittura. Una rivoluzionaria per l’epoca in cui è vissuta. Quale insegnamento ti ha lasciato questa scrittrice, studiandola?

 Beatrix Potter era questo e molto altro. Ha creato, per poter scrivere il diario senza che nessuna delle persone che aveva intorno potesse leggere quanto scriveva, una propria scrittura in codice, che io nel libro chiamo il “Codice Potter” e che è stato decifrato soltanto nel 1957. Inoltre ha scritto anche un trattato di micologia che, anche se non ha mai visto le stampe, resta comunque uno dei testi più letti, consultati e apprezzati dagli studiosi di micologia. È, inoltre, grazie a lei se i turisti di oggi possono visitare e ammirare le bellezze paesaggistiche del Lake District.

Ma la tua esperienza nell’editoria spazia, portandoti a metterti in gioco anche come traduttore. In questi anni hai tradotto per la flower-ed. diverse opere di scrittori stranieri, vissuti nel secolo scorso. Come Edith Warton (New York, 24 gennaio 1862 – Saint-Brice-sous-Forêt, 11 agosto 1937.  Prima donna a vincere il premio Pulitzer per il romanzo “L'età dell'innocenza”, nel 1921), di cui hai tradotto due sue opere: Le Sorelle Bunner e Xingu. 

Louisa May Alcott (Germantown, 29 novembre 1832[1] – Boston, 6 marzo 1888, conosciuta al grande pubblico per il suo romanzo senza tempo “Piccole donne”), di cui hai tradotto il suo romanzo: “Una Ghirlanda per ragazze”, e Lucy Maud Montgomery (30 novembre 1874, New London, Canada 24 aprile 1942 nota al grande pubblico per il suo romanzo Anna dai Capelli Rossi), di cui hai tradotto il suo romanzo: “La ragazza delle Storie” e in precedenza “Il Sentiero alpino. La storia della mia carriera”.Tutte scrittrici di grande rilevanza, e ti chiedo: cosa hanno lasciato, secondo te, nel mondo della letteratura?  A oggi le loro storie hanno ancora la potenza che avevano nel secolo scorso?

 Sono tutte donne che, come consigliava Louisa May Alcott, che ha avuto tra gli amici di famiglia e i frequentatori della propria casa personaggi di spicco quali Ralph Waldo Emerson e Henry David Thoreau, a quanti le chiedevano un consiglio per diventare scrittori, hanno “prima vissuto e poi scritto”. Secondo me quelle scritte da loro sono, realmente, storie senza tempo, che ci aiutano a immergerci nella società e nella vita dell’epoca. Avevano tutte una grande passione per la scrittura che, affinata con il duro e costante lavoro, è poi sbocciata in un talento sopraffino nell’arte del narrare.

 Visto che possiamo definirti un divoratore di libri, ti chiedo: secondo te cosa manca agli scrittori della nostra generazione, e cosa mancava agli scrittori del secolo scorso?

 Non so se sono la persona giusta per dare un giudizio del genere però, a mio avviso, alcuni degli autori moderni, non tutti fortunatamente, dovrebbero seguire il consiglio della Alcott che ho riportato qui sopra. Quanto a quelli del passato presumo che avessero una grandissima capacità di osservazione e di analisi di quanto li circondava, sia a livello naturalistico che per quanto riguardava il tessuto sociale; spesso ciò che compariva nei loro romanzi e racconti era frutto di esperienze vissute che poi venivano fatte decantare e trasposte in forma scritta.

 Quali sono a tuo parere i due colossi che possono sentirsi a pari merito nella letteratura di ieri e in quella di oggi?

 In tema di poesia direi Whitman e Shakespeare per il passato e Quasimodo e Montale per i tempi più recenti; quanto alla narrativa Tolstoj, Dostoevskij, Dickens e Melville e per i tempi più recenti Pirandello, Cassola, Carver e Yates.

Gunter Grass (Premio Nobel per la letteratura nel 1999) a proposito di traduzione diceva: “La traduzione è ciò che trasforma tutto, in modo che nulla cambi.”  Un tuo pensiero.

Mi piace molto questa citazione in stile Tomasi di Lampedusa de “Il Gattopardo”. Come ha detto Umberto Eco tradurre è “dire più o meno la stessa cosa”. Continuando con le citazioni e arrivando a tempi più recenti Waheed Rabbani, l’autore della saga della quale, in epoca immediatamente precedente al mio approdo alla flower-ed, ho tradotto i due volumi, una volta ha detto che “il bravo traduttore deve anche essere una bravo scrittore”, questo perché non sempre in un testo si può tradurre tutto; vi sono infatti brani che vanno interpretati e riscritti, sempre però, questa è una regola che mi sforzo sempre di tener presente nel mio lavoro, rispettando il testo originale e il tipo di linguaggio utilizzato dall’autore o autrice del testo.

 Se potessi viaggiare nel tempo quale tra i tuoi scrittori tradotti incontreresti e perché?

Senza pensarci un secondo Charles Dickens. Il motivo è che mi affascina come scrittore, era un gran camminatore come lo sono io e poi perché vorrei interrogarlo su alcuni aspetti relativi al suo “Canto di Natale”, racconto lungo o romanzo breve, che, seppure sia considerato una storia diretta soprattutto ai bambini e ai ragazzi, non per niente nella nostra biblioteca lo trova nella sezione ragazzi, è un romanzo profondo e infarcito di critica sociale e il suo personaggio, il tanto millantato Ebenezer Scrooge, non è cattivo come si pensa o, quantomeno, non lo è di natura ma è stata la vita a renderlo ciò che è all’inizio della storia; all’inizio perché già alla fine del primo capitolo, dopo la visitazione ricevuta dal fantasma del suo ex socio Jacob Marley, il quale “era morto, tanto per cominciare”, Scrooge è sulla buona strada per cambiar vita. Quello che gli chiederei è la ragione, quella vera, che l’ha spinto a scrivere proprio quella storia. In tanti dicono che l’abbia scritta perché gli serviva un libro che si vendesse in fretta in quanto si trovava ad aver bisogno di denaro il più possibile “pronta cassa” ma perché ha scelto proprio di narrare del viaggio pseudo dantesco (vi sono più di un rimando alla Commedia di Dante) di Scrooge nei tre”regni” dei Natali passati, presenti e futuri.

 Ma chi è Riccardo Mainetti nella vita di tutti i giorni?

Sono un giovin signore che cerca di arrabattarsi a fare tante cose nella speranza di riuscire a farle bene. Anche se di formazione sono un ragioniere programmatore, nella vita di tutti i giorni non amo programmare praticamente niente. Mi piace vivermi i momenti. Non sono di quelli che aman sapere che nel fine settimana sicuramente si farà questo o quest’altro. Questo anche perché mi è capitato di fare programmi e di doverli poi modificare quindi, come ho detto, ora me la vivo come viene.

 Se potessi salvare solo un’opera per le future generazioni quale sarebbe e perché?

 Anche qui senza pensarci l’intera opera poetica di Edgar Allan Poe, un autore tutto da riscoprire, nelle cui poesie, non soltanto ne “Il Corvo”, si avverte un profondo dolore e un profondo senso di perdita.

 Progetti futuri?

Nella trasposizione cinematografica del romanzo “Shining” di Stephen King realizzata da Stanley Kubrick Jack Nicholson ad un certo punto a una domanda della moglie che gli chiedeva se avesse idee per il romanzo che stava scrivendo Nicholson/Torrance risponde “idee tante, ma buona nessuna”. Ecco, io, contrariamente a lui, ho tante idee e progetti uno più bello dell’altro, primo fra tutti un saggio su Jack London, che però è ancora in fase di pre lavorazione in quanto devo decidere su cosa imperniarlo, anche qui le idee sono svariate; poi ho il mio “chiodo fisso” di uno studio approfondito sul “Canto di Natale” di Dickens, uno studio sulle poesie di Edgar Allan Poe e questi sono solo alcuni. Sono entrato anch’io, come diceva il compianto Pietro Citati in un’intervista a Minoli di qualche lustro fa, in una fase della mia vita nella quale mi interessa approfondire ciò che mi capita di leggere; capire cosa c’è dietro, cosa ha portato l’autore a scrivere quell’opera e così via. 

Giungo alla mia ultima domanda di rito per Oltre Scrittura, quanto conta nella tua vita il sogno?

Nella mia vita il sogno è fondamentale. Non solo perché come canta Luciano Ligabue “quando smetti di sognare inizi un po’ a morire” ma perché credo che i sogni siano il punto di partenza di qualunque progetto degno di questo nome. Il sogno è la parte ideatrice dei progetti. Come diceva Walt Disney “Se puoi sognarlo, puoi farlo”.

Ringraziando Riccardo per questa bellissima chiacchierata vi ricordo la sua pagina. 

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Le mie recensioni a Storie Londinesi e Quattro bravi ragazzi

La mia recensione a Scoprendo Beatrix  Potter


Intervista a cura di Monica Pasero


 



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