Lettera al passato di Monica Pasero
Caro Amore mio,
stamani la malinconia mi
riempie il cuore, sarà l’autunno, forse la poca luce, sarà questa sensazione
del tempo che mi abbandona.
Ho così deciso di scriverti.
Conservo ancora il tuo vecchio indirizzo,insieme alla mia carta da
lettere, è tutto qui in questa scatola che ora mi accingo ad aprire. E’tanto,
forse troppo tempo che non scrivo una lettera, spero che la mia vecchia mano
non tremi, almeno per oggi e mi lasci stendere i miei pensieri in questa luce di vita ancor apparente che sconfina
fin nell’anima, riportandomi alla mente
il nostro amore
Rammenti quei giorni quando le nostre missive ci riempivano la vita?
Tutto iniziò con un tuo biglietto
lasciatomi su uno dei banchi della chiesa dove io e la mia famiglia prendevamo
posto tutte le domeniche. Lo nascosi furtivamente nella mia tasca. Ringraziando
il Buon Dio che mio padre non l’avesse visto.
Erano mesi che i nostri occhi
continuavano ad esplorarsi durante la messa domenicale. Tu accennavi un sorriso
in cui io mi riscoprivo non più bambina.
Non ci eravamo mai parlati.
Chissà poi perché? Forse, la mia giovane età
spaventava i tuoi compiuti diciotto anni. Ricordo quel giorno come fosse ieri, persi
completamente l’omelia, ma non me ne importò.
Passai quel tempo rinchiusa nei miei pensieri, domandandomi quali
parole avrei trovato nel tuo messaggio.
Fu il nostro primo contatto, lessi miriadi di volte quelle
poche righe cariche di tutto quello di cui in quel momento avevo bisogno, non
ero ancora donna, ma dentro me vibrava il mutamento.
Mi hai rubato l’anima Nina, non v’è giorno, né notte, che tu non sia con me. Scrivimi! Te ne prego! Conservo ancora quel messaggio ormai logoro, consunto dal tempo e dalle calde lacrime che giunsero
da lì a poco.
Tramite un’amica comune
iniziammo una corrispondenza serrata. Chissà
la cara Anna che fine ha fatto? è
cosi tanto tempo che non so più nulla di lei.
Passammo così alcuni mesi scrivendoci
assiduamente lettere colme di
noi, dei nostri sogni, tanti progetti, forse troppi in un periodo come il
nostro in cui la guerra imperversava in mezza Europa e il profumo di morte era nell’ aria misto a
quello di speranza dei nostri giovani cuori innamorati.
Sapevo quasi tutto di te, ma
mi mancava conoscere il tuo profumo, assaporare i tuoi baci. Spesso i miei
sogni si popolavano di nuove sensazioni mai vissute, in cui le tue braccia
avvolgevano il mio esile corpo e il tuo amore permeava i miei sensi,
lasciandomi addosso il tuo profumo.
Rammento quei pensieri strani, accompagnati quasi sempre da un
frettoloso segno di croce, convinta che
fossi nel peccato. Se ci ripenso mi scappa un sorriso nel considerare quanto la vita possa mutare i pensieri.
Oggi, col senno di poi, comprendo che il peccato vero è stato
perder tempo, essere frenata dal
perbenismo che riempiva le nostre
teste e le nostre vite quando
l’apparenza contava più della felicità stessa, ma a distanza di anni le cose non sono mutate e i pensieri
hanno violato ali tarpati sempre da una società in cui l’amore passava in
secondo piano .
Poi giunse anche per noi quel momento. Il nostro primo incontro. Sapevo
il motivo e in cuor mio vederti mi lacerava l’anima, ma ti aspettai al limitare
del bosco di faggi come tu mi avevi chiesto. Era la prima volta che ci
trovavamo soli uno di fronte all’altro, tutte le emozioni scritte in quei mesi
librarono libere nei nostri corpi.
Un caldo abbraccio ci avvolse
rendendoci una cosa sola. Rammento ancora quell’abbraccio che sapeva di casa.
Finalmente potei sentire il tuo profumo, assaporare la tua bocca che non tardò
a invadere la mia, compiendo appieno le mie fantasie. I nostri corpi parlarono per
noi e sotto la pineta ombrosa divenni donna.
Sento ancor quei brividi di vita attraversarmi questo corpo ormai stanco,
mi rivedo ragazza dai delicati
lineamenti, con occhi sognanti e disperati pieni di paure e di consapevolezza.
Mi stringesti così forte da togliermi il fiato. Quell’ abbraccio non
era un inizio, ma una fine. Lo sapevamo entrambi. Nella tua ultima lettera mi
confidasti che eri stato chiamato in
guerra. Ora che la mia vita volge al termine
rivivo ancor una volta l’immensa sensazione dello scriverti.
Quel giorno, sapevo che
vederti e viverti sarebbe stato devastante, ma se non ti avessi vissuto, amore
mio, non avrei mai compreso cosa significasse Amare .
Monica Pasero
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