A Oltre Scrittura l'illustratrice Paola Andreatta


I suoi disegni
  creano magie
e nuove avvincenti storie
  da raccontare


Il disegno credo che sia una delle massime espressioni artistiche dell’uomo, come generare con piccoli tratti, volti, forme, paesaggi, quant’altro che induca l’immaginazione a evolversi a poco a poco e a raccontare… Disegnare è un’arte che nasce sicuramente dal talento, ma viene perfezionata con la scuola e la tecnica. L’ospite di oggi, nel suo percorso artistico, porta con sé un bel bagaglio culturale e tecnico non indifferente e un indiscusso talento che genera nelle sue coloratissime tavole le quali spaziano in vari generi dal fantasy al classico, senza mai perdere quel tocco di originalità che distingue il vero artista.  A Oltre Scrittura ospito con grande piacere l’illustratrice Paola Andreatta.   


Innanzitutto ti ringrazio di essere qui e ti chiedo subito: dalla tua biografia si evince che fin da piccola hai amato sia il disegno che la letteratura. Rammenti qual è stato il tuo primissimo disegno e libro letto?

Grazie a te Monica per quest’intervista!
L’amore per il disegno l’ho sempre avuto. Non ricordo il mio primissimo disegno, tuttavia, nel diario che avevo da bambina, ce n’è uno che mi fa sempre sorridere: “La principessa degli animali”. È  una sorta di pasticcio a pennarelli, con i colori dell’arcobaleno. Per quanto riguarda i libri, quando ero piccola mio padre mi leggeva storie la sera prima di andare a letto. Ricordo filastrocche in rima sulle fiabe di Esopo, le favole classiche e i racconti in dialetto della tradizione, ma in particolare (e per questo ancora in famiglia mi prendono in giro) ricordo che piangevo per “Dumbo”.
Non ricordo il mio primo libro letto da sola, ma credo che da allora la mia fame di storie non si sia più esaurita.


Nel tuo percorso artistico, c’è stata una figura che ti ha incoraggiata a seguire questa strada ?

Non mi pare ce ne sia stata una in particolare.
Nei periodi dell’infanzia ricordo di essere stata molto incoraggiata dai disegni di mia madre e di mia sorella maggiore. Nessuna delle due aveva una particolare vena artistica, ma mi aiutavano con i disegni dei compiti di scuola.
Ogni volta che ci ripenso mi viene da ridere: ricordo che mia mamma era solita dirmi “Disegna meno cose, che poi non finisci più di colorare”, e aveva ragione!
Io le guardavo disegnare e pensavo, tra me e me, “Anch’io un giorno sarò così brava!”. In seguito, ho cominciato a disegnare i personaggi dei cartoni animati per scambiarli con le figurine delle mie amiche, poiché mia madre non me le comprava.
Alle medie era già chiaro per tutti quale percorso avrei seguito, anche per i professori di scuola che si lamentavano spesso dei disegni (che avevo imparato a colorare!) nei miei quaderni. Scelsi così di studiare in un Istituto d’Arte, in modo da poter coltivare la mia passione e imparare, allo stesso tempo, la professione di grafica pubblicitaria. Solo in seguito m‘illuminò il pensiero di iscrivermi alla Scuola Internazionale Comics di Padova.
In realtà non devo ringraziare un'unica persona, bensì la mia famiglia, i miei amici, i professori, le persone “con” e “per” cui ho lavorato e tutti coloro che ho incontrato (incluse quelle online) perché davvero, in un modo o nell’altro, tutti hanno contribuito a farmi crescere durante il mio percorso.

Disegnare, come scrivere, è creare dal nulla un protagonista, una scena e dargli vita, quando crei e vedi nascere questo, quale sono le sensazioni che si sprigionano nel tuo animo?


È complicato spiegarlo: per me creare qualcosa, che sia scritto o illustrato, è come una magia. Dai forma a qualcosa che prima non c’era. Lo crei dal nulla, prende vita tra le tue mani e diventa qualcosa che può essere visto anche dagli altri.
Tutto comincia sempre con una buona dose di ricerca, studio, spremuta di meningi e quella sfida contro te stessa: quella vocina che ti dice “Vediamo se ci riesci”.
In questa fase definisco il progetto tramite appunti, bozze e prove colore, e pianifico i vari step per raggiungere il risultato. È  una fase importante, soprattutto nell’illustrazione, per poter affrontare la realizzazione di una tavola definitiva senza trovarsi poi sommersi dall’ansia. Una cosa per me fondamentale è il rapporto con il committente a cui invio bozze e modifiche. È  necessario comunicare per capire quale pensa dovrà essere risultato e, allo stesso tempo, per creare un rapporto saldo che concili il mio operato con le sue aspettative. Quando sono all’opera tengo sempre a portata di mano una macchinetta fotografica. Scattare foto mi aiuta a essere oggettiva e a creare il distacco necessario per valutare correttamente lo sviluppo delle mie illustrazioni. Inoltre, mi permette di osservare tutto il processo di evoluzione completo, dalle bozze alle tavole definitive. Mi affascina molto poter considerare tutto ciò, anche perché so che l’unica cosa che verrà pubblicata alla fine è il risultato finale. Io invece trovo importante e interessante tutto il lavoro, per questo spesso pubblico i miei “work in progress” online.

Quale tra le tue numerose tavole ti ha dato maggiormente soddisfazione e perché?

Ogni tavola realizzata mi da soddisfazione. In ciascuna sono racchiusi determinati momenti di vita e tutte mi riconducono a ricordi ed emozioni differenti. Anche quelle meno riuscite sono importanti se guardate nel complesso della crescita professionale. Tuttavia trovo che un intero progetto illustrato presenti alcune sfide in più rispetto a una singola tavola, ad esempio il dover dare uno stile a tutte le tavole che compongono una storia, sviluppare cambiamenti di atmosfere, o escogitare una narrazione illustrata in base al ritmo del testo.Inoltre, a me piace molto sperimentare. Cambio spesso tecnica e provo diversi stili di disegno, ma è indispensabile saper sviluppare un progetto facendo le scelte giuste e portandole fino alla sua conclusione.Io credo che ogni storia possieda un proprio “respiro”, una propria “anima”, e che le illustrazioni debbano essere in grado di trasmetterla e farla comprendere al lettore che in seguito sarà in grado di entrare in quel mondo leggendo. Questo è uno dei motivi per cui cambio sempre: cerco di “sentire” cosa devo illustrare, cosa devo trasmettere e poi mi metto al lavoro sulle tavole.
Forse, tra tutti i progetti sviluppati fino ad ora, terminare il mio primo progetto illustrato (una fiaba dei fratelli Grimm “Unocchietto, Dueocchietti e Treocchietti”) è stata la mia vera conquista: per la prima volta ho compreso cosa significava illustrare un intero libro.


C’è uno schizzo che insegui da tempo, ma non sei ancora riuscita a portare alla luce?

Più che uno schizzo, direi che si tratta di un mini racconto che ho scritto e che vorrei illustrare, ma che tuttora è nel cassetto. Ho iniziato a disegnarne le bozze, ma poi ho avuto una drastica diminuzione di tempo disponibile e ho dovuto accantonarlo. Ad ogni modo, posso dirmi felice di lavorare sfruttando e coltivando le mie abilità. Anche se adesso mi muovo nella grafica e nel web marketing, infatti, riesco ad avere a che fare con la realizzazione d’immagini, l’impaginazione, la progettazione e il disegno.


Tra i tanti lavori commissionati qual è stato il più impegnativo, quello in cui ti sei detta: “Questa volta ho superato me stessa ?”

Ogni volta che mi trovo davanti a un progetto è sempre impegnativo!
Disegnare non è facile come pensano in tanti. Ci vuole studio, passione, tempo e, a volte, sacrificio. Ci vuole anche una buona dose di fiducia in sé stessi, perché spesso il foglio diventa una bilancia con cui misurare le proprie abilità e uno specchio per osservare sé stessi e fare dell’autocritica. Io sto imparando, un po’ alla volta, che non bisogna aver paura di sbagliare. Certo, fare un lavoro perfetto sarebbe il massimo, ma non ci sarebbe nulla in via di miglioramento, non ci sarebbe quello stimolo che ci porta costantemente a rimetterci in gioco. Quando per sbaglio rovino un’illustrazione e so che dovrò buttarla via, mi dico sempre che saprò rifarla meglio.
Credo di superare me stessa ogni volta che non permetto alle difficoltà di fermarmi e, se dovessi avere un segreto per non mollare mai, sarebbe quello di amare profondamente quello che faccio.

La creatività non ha fine e vedo che tu ne sei l’esempio: tavole illustrate, fumetti, biglietti di auguri e tantissime altre idee e qui ti chiedo: quanto è importante, in questo lavoro, avere voglia di mettersi in gioco sempre ?

Mettersi in gioco non è solo importante, è fondamentale!Fare tante cose mi permette di ampliare le mie conoscenze, di perseguire i miei sogni, e allo stesso tempo di cercare me stessa e la strada che più mi appartiene. Io non so se tutti i miei sforzi saranno mai ripagati, né se riuscirò a realizzare i miei sogni, tuttavia credo che, ai giorni nostri, cercare lavori, farsi conoscere, essere disposti a imparare e ad accettare nuove sfide, sia una realtà e una necessità anche per chi non si occupa d’illustrazione.


Chi è Paola Andreatta nella vita di tutti i giorni?

Nel quotidiano sono una ragazza semplice, un po’ insicura, ma con tanta voglia di fare.I miei hobbies sono la lettura, il cinema e la musica.

Progetti futuri ?

A parte illustrare la storia nel cassetto sopracitata, mi piacerebbe sperimentare l’unione tra tecnica tradizionale e quella digitale. Tuttavia, per ora devo concentrarmi nei lavori dei quali mi sto occupando, perché sono molto impegnativi, e allo studio dell’inglese che ritengo sia sempre più necessario, non solo a livello professionale, ma anche nel quotidiano.Ho un paio di richieste di lavoro in sospeso, però non ho idea di cosa mi riserverà il futuro. Spero, comunque, che mi dia buone occasioni per lavorare e mettere in pratica ciò per cui ho studiato.

E giungo alla domanda che chiude ogni mia intervista: quanto è importante   nella tua vita il sogno ?

Credo che i sogni siano il motore che mi ha condotto fin qui.Senza di essi non avrei cominciato a disegnare, né a desiderare di
lavorare sfruttando le mie capacità. Non avrei avuto il coraggio di fare determinate scelte, o di rischiare di sbagliare.
Nonostante ciò, non è facile vivere seguendo i sogni. Devi rinunciare ad altre cose, e a volte le mete lontane che appaiono irraggiungibili sono molto dolorose.


Ho affrontato proprio quest’argomento quando ho illustrato la poesia “Itaca” di Costantino Kavafis, e spesso la rileggo perché parla dell’inseguimento dei sogni nella propria vita e mi da forza nei momenti bui. Anch’io spero un giorno di raggiungere la “mia Itaca”, nel frattempo però voglio vivere appieno il viaggio!



Ringraziando Paola per questa interessante intervista, ricordo che potete contattarla sulla sua Pagina facebook e seguirla anche sul suo Sito


Intervista a cura di Monica Pasero

Commenti

  1. IO CHE SONO UNA SCHIAPPA CON LA MATITA, HO SEMPRE INVIDIATO LA CAPACITà DI ALCUNE PERSONE COME PAOLA ANDREATTA, CHE E' BRAVISSIMA. PERCIO' LE AUGURO UN FUTURO DI SUCCESSI PERSONALI E PROFESSIONALI. - ALFREDO BETOCCHI

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