A OLTRESCRITTURA IL POETA STEFANO BALDINU ( Intervista a cura di Monica Pasero)



Ti volti come un sospiro sulla soglia

Dell’anima, 

già vola nell'incavo del sogno

un addio.

Ti perderò, forse, in questa pace infinita

in questa pioggia che principia stupita

svanendo il tuo nome.

(Un rumore di vita, Stefano Baldinu)


 


Dalle terre emiliane giunge nel mio spazio un artista che nel suo percorso letterario conta moltissimi premi e riconoscimenti prestigiosi. Le sue liriche sono state tradotte in diverse lingue portandolo a farsi conoscere e stimare a livello internazionale.

Nel suo bagaglio culturale porta radici profonde, difatti molte sue poesie sono scritte in Vernacolo testimoniando così l’importanza delle origini.

Un uomo cortese, di poche parole, ma con un mondo interiore immenso che ritroviamo nei suoi componimenti di alto spessore. Empatico, riflessivo, che sa portare nei suoi versi quella delicatezza d’animo, che solo chi sa “far poesia” può giungervi. 

Pensando alla sua poetica mi vengono in mente le parole di Antonio Aschiarolo che sulla poesia dice: “I profondi solchi del silenzio aprono la strada al cammino della poesia.”

E forse è così che l’ospite di oggi sprigiona i suoi silenzi, lasciando libero il suo estro di parlare tramite la penna, irrompendo sulla carta con tutte quelle emozioni che ardono in lui, ma che concede solo ad un foglio bianco. 

Leggendo alcune sue liriche posso avvertire la sua grande sensibilità, il suo tatto, la delicatezza e precisione con cui compone i suoi versi; e le sue numerose vittorie nel mondo della Poesia Nazionale e Internazionale confermano il suo grande talento.

Gibran parla della poesia come di un salvagente in cui si aggrappa quando tutto appare svanire… Borges la definisce misteriosa: “Nessuno sa interamente ciò che gli è stato concesso di scrivere”.

Cosa è per l’ospite di oggi la poesia? Bene, non mi resta che chiederglielo. 

A Oltre Scrittura ho l’onore di ospitare il poeta pluripremiato Stefano Baldinu.


Innanzitutto ti ringrazio d’essere qui, e parto subito col chiederti: ricordi la prima poesia che hai scritto? Ti va di condividerla con i miei lettori? 

Sono io che ringrazio te, Monica, per l’invito e per ospitarmi all’interno del tuo Blog. Si, ricordo bene la prima poesia che ho scritto. O meglio il primo tentativo poetico. Era il febbraio del 1998, ultimo anno delle scuole superiori, e la poesia venne a cercarmi, bussare alla porta del cuore e influenzato da Ugo Foscolo, perché la mia professoressa di italiano si era soffermata più del dovuto a parlarne, che buttai giù pochi versi di imitazione della sua versificazione. Con piacere la rispolvero a distanza di tanti anni e la condivido:

ALLA MIA DONNA

Veggio l'celeste padiglion rotar/e i rai del Febeo carro/‘l cor mio trapassar.//Amor che ogni die di te mi nutro/in te, o Espero, non dispero/d'aver tuo saluto.//Li occhi tuoi di gioia lucenti/recan all'animo novo sentimento/sì che ogn'or di sospiri aulenti/non son mai resto/e se le Ore rimebran tua senilità/il canto mio vitalità tua eterna renderà

C’è un poeta del passato o contemporaneo che ti ha spinto ad amare la poesia? 

A parte il già citato Foscolo, sicuramente quello che posso considerare i miei “padrini” nella mia iniziazione poetica sono Pablo Neruda e Giuseppe Ungaretti.

Come scritto nella presentazione, ti chiedo: Che cosa è la Poesia per te? 

Dare una definizione della Poesia penso che sia quanto di più difficile possa esserci. Per me la Poesia è innanzitutto libertà di dare voce ai propri sentimenti senza avere timore di esternarli. È condivisione perché le parole entrando in circolo pongono le persone sulla stessa lunghezza d’onda dell’anima. E infine è uno sguardo privilegiato su tutto ciò che ci circonda, quasi un terzo occhio che interiormente fotografa e successivamente nella camera oscura dell’anima sviluppa le immagini emozionali catturate.

Tra i tantissimi riconoscimenti ricevuti, quale tra tutti ti ha reso più fiero del tuo percorso letterario? 

Se devo essere sincero vado fiero di ogni riconoscimento conseguito perché ognuno di loro rappresenta un preciso momento della mia evoluzione poetica e della crescita che continua tutt’ora. Se, però, devo necessariamente menzionare quelli che mi hanno reso, e mi rendono, fiero del mio percorso letterario sicuramente non posso non menzionare quelli conseguiti con la scrittura in vernacolo. E più precisamente quelli conseguiti scrivendo nelle lingue della Sardegna.


Nelle tue numerosi pubblicazioni, in particolare in Boghes/Voci” (ed. Puntoacapo 2021), ti sei dedicato alla poesia in Vernacolo; dove nasce questa tua passione per lo scrivere in Vernacolo? 

Per quanto sia arrivato alla scrittura in vernacolo relativamente di recente, la mia curiosità per questo genere poetico nasce molti anni prima ascoltando, da bambino, il disco “Le nuvole” di Fabrizio De Andrè dove figuravano due testi in lingua genovese. Successivamente partecipando alle premiazioni dei premi letterari mi capitava sempre più spesso di imbattermi nelle sezioni di poesia vernacolare e ascoltare la parola poetica espressa in un’altra lingua con tutte le proprie peculiarità e caratteristiche, spesso intraducibili in italiano, mi ha fatto scattare la molla di provare anche io a misurarmi con la poesia in vernacolo. Nello specifico devo citare doverosamente quale “mentore” la poetessa Sabrina Balbinetti.

Ho trovato una tua poesia dedicata all’ autismo, davvero bella, (la trovate a questo link ) e ti chiedo: quanto è importante per te lasciare un messaggio a chi ti legge? 

Penso che, in fondo, chi scrive in poesia lo faccia per lasciare ai presenti e ai posteri un messaggio atto a creare un ponte fra il cuore di chi scrive e quello di chi ascolta. E che rappresenta la base per arrivare a fare quello che Giovanni Pascoli, nel suo saggio “Il Fanciullino”, definiva buona poesia: ovvero far battere il cuore. Ed è ciò che cerco, da apprendista di bottega della poesia, di mettere in pratica ogni volta che provo a riempire il foglio bianco. Ti sono grato per aver citato la poesia sull’autismo perché è uno dei testi al quale sono maggiormente legato e uno di quelli che vanno a confutare ciò che dicevo poc’anzi. 

Hai all'attivo la pubblicazione di sei libri di poesia: “Sardegna” (ed. Dreams, 2010), “Scorci Piemontesi” (ed. Aletti, 2012), “Genova per me” (ed. Aletti, 2013), “Le creazioni amorose di un apprendista di bottega” (ed. Helicon, 2017); “Boghes/Voci” (ed. Puntoacapo 2021), “Storie” (Ed. L’Ortica).  Tra queste tue pubblicazioni c’è n’è una in particolare di cui ci vuoi parlare? 

Sono sillogi che rappresentano tanti momenti della mia evoluzione poetica e parlare di una piuttosto che delle altre è quasi come togliere da un puzzle una tessera. Comunque nello specifico potrei parlare di “Boghes/Voci” in quanto si è trattato della mia prima raccolta in vernacolo. Questa raccogliendo sei anni di produzione nelle lingue della Sardegna vuole offrire al lettore, sotto forma di libretto d’opera, tutta la ricchezza delle molteplici “voci” dell’isola colte nelle loro differenti sfumature linguistiche. Ma non solo: vuole essere un invito al viaggio in Sardegna differente dal solito attraverso il mio punto di vista emozionale.


Mi incuriosisce la tua silloge” Le creazioni amorose di un apprendista di bottega” (Ed. Helicon, 2017) dove in versi racconti le varie fasi sentimentali che intercorrono tra un uomo e una donna durante l’innamoramento. L’amore, nella poesia odierna, secondo te, è ancora il tema più trattato? 

Credo che l’amore sia ancora una componente importante nella poesia odierna, ma non primeggiante. Me ne accorgo ogni volta che mi capita di incontrare colleghi di penna in occasione degli eventi letterari. Le sollecitazioni che ci arrivano quotidianamente abbracciano molteplici tematiche, penso alla pandemia di Covid-19, alle riflessioni sulle condizioni della donna, alla piaga dei femminicidi, alla tragedia della guerra in Ucraina, al dramma dei migranti, etc. Tutto questo fa sì che ogni argomento livelli e focalizzi l’attenzione non su di un solo argomento, ma su tutto quanto ci circonda. Comunque sussistono poeti che prediligono concentrare la propria poetica su di una sola tematica come ad esempio quella amorosa.

Scrivere poesia è un po’ come estrapolare una parte di noi nascosta, è un dialogare con la nostra anima, e qui ti chiedo: nelle tue poesie la parte spirituale del tuo essere è presente? 

Posso affermare che in ogni mia poesia, anche quelli a tematica civile, è sempre in atto un dialogo con la mia anima. Anzi, se non ci fosse penso che non riuscirei ad esprimermi e di conseguenza portare le mie emozioni al di fuori di me. Sì, posso affermare con assoluta certezza che nel mio caso è la componente spirituale a dettarmi le emozioni da mettere nero su bianco.

Se dovessi definirti con una sola parola quale sarebbe, e perché? 

Scegliere una sola parola non è facile, ma la definizione alla quale sono maggiormente legato e che penso mi rappresenti meglio è “apprendista di bottega”.

Progetti futuri? 

Sicuramente continuare a scrivere, a emozionarmi e a cercare di emozionare chi avrà la possibilità di leggermi. E magari la pubblicazione di una nuova silloge.

 E giungo alla mia ultima domanda, di rito per Oltre scrittura, quanto è importante nella tua vita sognare? 

Tantissimo. Se in tutti questi anni non lo avessi fatto non avrei potuto costruire le immagini e le emozioni che sono riuscito a scrivere.

 


Trovate tutti i suoi riconoscimenti a questa pagina

Trovate i suoi libri cliccando qui










































 


 


Commenti

Post popolari in questo blog

Quattro chiacchiere con l'autrice, Valentina Bandiera

OLTRE SCRITTURA SEGNALA IL ROMANZO DI VIRGILIO MARRONE

Oltre scrittura segnala Il nuovo libro di Giorgia Belvisi

A OLTRE SCRITTURA LO SPEAKER RADIOFONICO ANTONIO SIMMINI. INTERVISTA A CURA DI MONICA PASERO

Rubrica “PICCOLI POETI CRESCONO” Intervista al poeta, Fabio Petrilli

Il pellegrinaggio in Oriente di Hermann Hesse Recensione di Monica Pasero

GOD SAVE MY SHOES DI PIERANGELA PRINCIPE

Letto e recensito