Sull'altare del dio sconosciuto, Recensione a cura di Deborah Benigni

Alessandro Pierfederici

Sull'altare del dio sconosciuto

Recensione a cura di Deborah Benigni

 

Intimista, profondamente poetico, venato di speranza e grande malinconia: sono solo alcune tra le possibili connotazioni dell'ultimo lavoro del musicista e scrittore Alessandro Pierfederici.

Classe 1966, da sempre attivo sulla scena musicale italiana ed internazionale, dopo aver donato al cuore dei lettori poesie e racconti forieri di numerosi premi e menzioni, l'autore regala ai lettori un intenso romanzo di formazione, attraverso una prosa densa di profondi significati.

Protagonista del libro, ambientato nei primi anni del '900 in un piccolo borgo del trevigiano, è Ruggero, ragazzo sensibile ed intelligente, costretto suo malgrado a trascorrere gli anni migliori della giovinezza presso il Regio Collegio Militare del Borgo di San Tommaso. Un padre fortemente despota e una madre ossessivamente onnipresente nei suoi pensieri conducono l'esistenza del giovane su un sentiero tortuoso, su un terreno minato che lo porterà, in ribellione, a scavare dentro di sé per trovare il suo vero Io.

Inserito in un ambiente crudelmente oppressivo e ligio alle regole, Ruggero incontrerà una miriade di personaggi particolarmente poliedrici e sapientemente descritti nei particolari, che nella loro dimensione corale  lo guideranno, nel bene e nel male, verso una crescita interiore costellata di momenti bui ed esaltanti rinascite. Su ogni emozione, vibra - mai flebilmente - il desiderio, ostacolato ma sempre vivo, di non lasciarsi travolgere da macabri eventi o inquietanti presenze, e di imporre su quel delirante altare che è la fervente immaginazione giovanile, la propria essenza. "Non perderti, non rinunciare a quello che sei! Quel bambino che ha saltato il fosso, quel ragazzo che ha scritto poesie e suonato bellissima musica, dove sono ora? Quel ragazzo che vuole vivere sei tu. Tu sei la tua liberta!" si legge tra le righe di una scrittura potente, seppur limpidissima, capace di creare una forte immedesimazione tra chi scrive e chi legge.

Il labirintico senso di spaesamento provato dal protagonista, che, in un intricato tiro alla fune con la vita ed il destino, lotta contro la Speranza, è mirabilmente raccontato dall'autore attraverso parole sontuose ma al tempo stesso fluttuanti, che rendono le corposissime descrizioni fortemente realistiche: "lo affliggeva l'immenso vuoto che provava per la lontananza da casa, il sentirsi indifeso e vulnerabile, ed era di nuovo atterrito dagli spazi intorno a lui: dagli edifici dai corridoi intricati e dai viali misteriosi dello spettrale parco del retro della caserma...".

Di etereo, magico e spettrale è densa la trama della storia, all'interno della quale vegliano sulle pulsioni di Ruggero fantasmi e visioni di ataviche morti innocenti, che fanno capolino destando interesse e curiosità nel proseguo degli eventi ("lascia perdere, Ruggero, lascia perdere i fantasmi! Gli unici veri spettri sono quelli che abbiamo dentro di noi e che ci portiamo sempre dietro. Siamo noi i nostri fantasmi, ciò che siamo stati e che ritorna sempre. Li nascondiamo perché la mente non li vuole vedere ma loro ci parlano e ci costringono ad ascoltarli. Noi siamo le nostre paure, i nostri mostri: sono loro che fanno di noi ciò che siamo").

Oltre alle voci maschili presenti all'interno della caserma (ognuna con un senso, una storia, una pellicola personale ed originale che però si interseca con le altre), ad impreziosire la vicenda di Ruggero arriveranno affascinanti e simboliche Sirene, che allieteranno il nostro Ulisse con la loro bellezza, la loro personalità e l'armonia che accompagna i loro gesti: "Elsa apparve ai suoi occhi, giorno dopo giorno, come una bellezza ideale quale mai nella sua vita aveva immaginato potesse esistere: raffinata, discreta, i tratti del volto armoniosi, le mani ben curate, il portamento elegante e sensuale insieme...". Grazie ad una di loro, arriverà  la scoperta dell'Amore, un cupido infuocato di passione che trascinerà il protagonista in un vortice di bellezza perfetta, ma anche di inevitabile dolore. Il mostro dei confini e della lontananza sarà l'aiutante di quel dio sconosciuto che provocherà in Ruggero dramma e, al tempo stesso, coraggio di tentare. L'attesa diventerà azione, con conseguenze inimmaginabili...

Ciò che maggiormente colpisce nella storia è la volontà dello scrittore di soffermarsi sui particolari della vicenda. La grande abilità descrittiva e la significativa empatia verso i personaggi, unite alla creazione di dialoghi quasi cinematografici, permettono di entrare nelle viscere dei pensieri e delle emozioni dei personaggi, pur cogliendo passo dopo passo una voce onnisciente che guida la trama, il dipanarsi del filo di lana che lega le vicende in modo mai giudicante, ma sempre oggettivo. Sono infatti le voci di scena -in particolare quella di Ruggiero - che da sole definiscono il mondo letterario in cui sono inserite.

La suggestiva copertina elaborata da Alberto dal Bo rende efficacemente la sensibilità poetica dell'autore, quel senso di attesa dell'indefinito che regola le nostre vite. 

Una lettura viva, sul senso dell'amicizia, dell'inimicizia, dell'odio e della passione, da assaporare pagina dopo pagina cogliendone, senza fretta, il vero e profondo messaggio: siamo davvero padroni del nostro destino?

 Recensione a cura di Deborah Benigni

                                                                                                                

 

 

 

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