A OLTRE SCRITTURA L’ARTISTA GIUSEPPE RACITI INTERVISTA CURA DI MONICA PASERO
No, non disturbatevi
restate sulla sedia
signori mi presento,
sono la Commedia;
non son fatto di ossa
ma di atti
che vi lascino
rimborsati o soddisfatti,
il mio cuore è
chiamato trama,
gente che si odia e
che si ama;
il mio sangue è tutto
ciò che accade,
dal bacio al duello
con le spade;
il mio cibo è il vostro battimani,
il veleno, gli attori cani.
Cyrano de Bergerac
Fin dagli albori dell’ umanità l’uomo utilizza le
espressioni del corpo e della parola per
comunicare, da qui l’arte inizia il suo viaggio nell’ espressione umana e in tutte le sue innumerevoli sfumature. Districandosi
in pensieri e forme differenti approda in questa società colorandola di estro e
immaginario.
L’artista di oggi
porta la sua esperienza, il suo entusiasmo e la sua grande voglia di esprimersi tramite l’arte della recitazione che lo vede
protagonista in grandi teatri siciliani.
Uomo preparato e sensibile ma soprattutto curioso che fa
del suo percorso un continuo evolversi, studiando,
affinando la sua tecnica e crescendo
come uomo e come artista. Un percorso il
suo di formazione e sacrificio che con
tenacia e caparbietà lo ha
portato a far emergere il suo talento
da teatro a teatro, lasciando un segno nel cuore del pubblico. Negli anni ha consolidato sempre di più il suo sogno
divenendo a oggi un amato e stimato attore teatrale e non solo. A Oltre Scrittura ho il piacere di Ospitare
l’attore e giornalista
Giuseppe Raciti.
Ringraziandoti di essere qui ti chiedo subito, quando è
nata la tua passione per la recitazione?
Ringrazio te Monica per la bella opportunità che mi stai
dando. La mia passione per la recitazione è nata quando avevo 18 anni, ed è
nata per caso.
Fai il tuo esordio in palcoscenico giovanissimo
partecipando nel 2003 al musical “Notre Dame De Paris” (
svoltosi a Catania ) di Riccardo Cocciante sotto la regia di Erick
Barbà e Antonella Scuderi. Un esordio davvero in grande stile, se si
pensa che hai recitato in lingua francese e per un giovane alla sua
prima esperienza non è davvero poca cosa e qui ti chiedo: ricordi la prima cosa che hai pensato prima
di entrare in scena?
Ricordo molto bene quel giorno. Partecipavo insieme ai
miei compagni del liceo (frequentavo il liceo classico europeo “Mario Cutelli”)
al Festival del Teatro Francofono, un
festival per le scuole che si svolge ancora oggi a Catania. Eravamo al teatro “Zo”, un teatro
non molto grande con delle sedie in legno davvero scomode e la prima cosa che
ho pensato prima di entrare in scena è stata: “Tra poco me la faccio sotto !!!”
Leggo che il
teatro ti ha aiutato anche ad affrontare la tua timidezza
Consiglieresti questo cammino per sopire questo stato d’animo ?
Assolutamente sì. È un’ottima palestra per la vita.
All’epoca pensavo che fosse una cosa più grande di me da affrontare, poi ci ho
preso gusto ed ho continuato.
Ci sono diversi tipi di comunicazione tu oltre alla recitazione verbale utilizzi
il linguaggio del corpo, aprendo la strada alla mimica. Quanto è
importante per un buon attore sapersi esprimere al meglio non solo con la dizione
ma anche con una buona mimica
durante uno spettacolo?
La mimica per quanto possa sembrare strano per alcune persone,
è più difficile della dizione. A volte devi essere capace di estrapolare da chi
ti guarda il frutto dell’immaginazione. Charlie Chaplin , Buster Keaton e Rowan
Atkinson sono tra i grandi maestri della mimica e solo con il linguaggio del
viso e del proprio corpo sono stati capaci di far ridere e commuovere la gente.
Questa non è un’impresa da poco.
Hai debuttato con
tanti personaggi ma a quanto leggo, è nella tua teatralità drammatica che hai
colpito la critica e il pubblico ancora più positivamente. Entrare nei panni del dolore di uomo, recitare il suo cammino cosa ti ha lasciato
dentro da essere così visibile il tuo mutamento a chi ha assistito all'opera?
Devo dirti la verità,quando il regista Giuseppe
Vinciguerra mi chiamò per interpretare il personaggio di Tinu nella commedia
tragica “Ciatu”, io inizialmente avevo un po’ paura, perché la gente mi
conosceva come attore comico. Quando ho letto il copione era come se stessi
parlando a me stesso, era come se mi stessi guardando allo specchio e la figura
che era davanti a me mi diceva: “Non mi riconosci ? Sei tu tanto tempo fa.”. A
quel punto ho cominciato a rendermi conto che se veramente volevo interpretare
al meglio quel personaggio, dovevo farci “amicizia”, dovevo “parlare” con lui,
dovevo conoscerlo a fondo per capire davvero cosa c’è dentro l’animo di un uomo.
È come entrare dentro una stanza vuota
ed appenderci dentro dei quadri per arricchirla. A quel punto forse ho capito
che quell’uomo ero io, ma forse in un’altra vita.
Chaplin diceva: “Il
requisito fondamentale per un grande
attore è che si piaccia quando recita” Tu ti piaci ?
Beh, non sempre. Io sono molto critico verso me stesso,
ma non solo in teatro, anche nella vita. Ogni giorno per me è una grande sfida,
qualunque cosa faccio mi serve per mettermi costantemente in gioco. Tu potrai
dire: “Ma non sei mai contento di te stesso”. No, non è che non sono mai
contento di me stesso, il fatto è che se per puro caso dovesse arrivare il
giorno in cui non vorrò più mettermi in gioco, io spero mai,vorrà dire che non
avrò più voglia di vivere.
Tra i tanti
registi con cui hai collaborato ricordi
una frase di incoraggiamento che ti dissero che porti ancor oggi con te?
Ricordo la frase più bella, quella detta dal mio
professore di francese Erick Barbà (nonché mio primissimo regista): “Abbiamo
fatto bene. Possiamo fare ancora meglio !”. Una frase più incoraggiante di
questa credo che non esista.
Oltre a recitare
sei anche aiuto regista e autore di sceneggiature tra le
tante hai messo in scena “Natalent Show” due parole su quest ‘opera?
“Natalent Show” è un lavoro scritto a quattro mani con il
regista e autore Fabio Casà ed è la storia di un sogno fatto da un uomo
qualunque che si ritrova a parlare con il Padre Eterno. Oggetto della
conversazione è l’utilità dell’Uomo
stesso sulla Terra. Si racconta un po’ dei pregi e dei difetti di questo essere
umano attraverso temi importanti come le Emozioni,l’Amore, la Violenza, le
differenze tra Giovani e Anziani e la Morte. È un testo fondamentalmente in
chiave comico-ironica ma che non manca di momenti seri e poetici che in alcuni
casi rendono omaggio ai grandi dello spettacolo italiano.
Un buon spettacolo teatrale a tuo avviso oltre a far divertire deve
lasciare negli spettatori un messaggio
una riflessione ?
Di questi tempi è necessario che gli spettacoli teatrali
facciano divertire ma non bisogna trascurare i testi un po’ più seri, più
importanti. Io sono dell’idea che in ogni spettacolo che si fa, che sia
divertente o serio, c’è sempre una morale anche se si percepisce in maniera
sottile.
So che ti occupi
anche di giornalismo e qui ti chiedo: secondo te,
quale è il miglior modo per farsi
comprendere affinché la comunicazione
giunga e faccia il suo reale dovere: informare?
Il miglior modo per farsi comprendere a mio avviso è
quello di usare un linguaggio semplice, senza giri di parole. È fondamentale
esporre alla gente il fatto per come è realmente è non per come “potrebbe”
essere.
Alcune tue interpretazioni sono state fatte in dialetto
siciliano, quanto è importante oggi
mantenere vive la tradizioni anche riportando appunto spettacoli dialettali … la memoria le radici, secondo te,
vanno rivalutate in questa società odierna?
Guarda io sono sempre dell’idea che bisogna guardare in
avanti senza dimenticare quello che è stato costruito in passato. Certo, non
bisogna ancorarsi al passato. Il dialetto siciliano è una “lingua” e nel mondo
della musica ,del cinema, della fiction
televisiva e perché no anche della letteratura credo che oggi si stia un poco
riscoprendo, grazie anche a gente come Carmen Consoli,Giuseppe Tornatore, Pif e
Andrea Camilleri. Le radici in ognuno di noi sono importanti e a volte nella
società di oggi vengono dimenticate. Sarebbe bello insegnare ai ragazzi di
oggi quei vecchi giochi di società che
facevamo tutti quando andavamo nelle piazze o al mare. Quello si che era un bel
modo di divertirsi e di stare insieme.
C’è un personaggio che vorresti interpretare se si quale
?
Si ,c’è. È un personaggio realmente esistito. Benny
Goodman, il padre della musica swing.
Descriviti in una sola parola ?
Autoironico
E giungo alla mia
ultima domanda, di rito per Oltre Scrittura, e ti chiedo quanto è importante
per la tua vita sognare ?
Io dico sempre che noi nella nostra vista siamo come
degli acrobati che camminano su una fune che ci divide tra il Sogno e la
Realtà. Il Sogno quindi è una delle due metà della mia vita, mi serve per
bilanciare ciò che succede nella Realtà.
Ringraziando
Giuseppe Raciti per questa splendida intervista vi ricordo che potete conoscere i suoi nuovi spettacoli sul sito della compagnia
teatrale "Malaparte" dove oggi collabora.Oppure sulla sua
pagina face book
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